Danzare nella tempesta

La danza è rito, a volte propiziatorio, a volte di passaggio, di rinascita, che sia esistenziale oppure di necessaria nuova collocazione nella comunità. E’ rito di speranza, di cura delle ferite, è sentire il proprio corpo nel modo in cui la tradizione culturale di appartenenza lo permette.
E’ lingua corporea, pre-verbale. Tutti i bimbi e le bimbe prima di parlare danzano.
Basta un suono, una nenia, un semplice ritmo ed il corpo inizia a muoversi, il bacino indirizza il movimento. Mi piace pensare che l’impulso parta dall’ombelico che ci tiene legate/i al fondo della vita.

Possiamo piangere o ridere, essere presenti agli altri o in trans, mentre danziamo sempre ritroviamo le energie muovendoci immerse/i nel contesto di sensazioni e relazioni, emozioni e intuizioni, atmosfere lievi o pesanti, pronte a cambiare qualità al movimento dei corpi.

E la grazia che la danza porta con sé è il miglior auspicio che immagino per il nuovo anno. Immersi nella melodia e nel frastuono della vita quotidiana, che i nostri corpi stravolti da una solitudine forzata e sofferta possano trovare grazia nell’esprimersi, sicuri che poco più in là c’è la grazia di un altro corpo danzante.

Credits:

Video by Welton Souza da Pexels

Music by Jason Shaw on Audionautix.com

Pubblicato da silvestrigiovanna

Psicologa, psicoterapeuta, riceve a Roma ed Albano Laziale.

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